Roma, vorrei andare in piscina ma con la mia disabilità si ma dove nessuna è accessibile

Eccoci di nuovo in piena estate. Ogni singola attività ricettiva e turistica punta a rialzarsi. Le vacanze? Ben vengano, ma cerchiamo di dare priorità di scelta alla nostra Italia morsa dalla crisi economica in piena pandemia. Ottime intenzioni. Poi qualcosa non funziona e si scopre il solito mulino a vento contro i soliti disabili che hanno la pretesa di andare in vacanza.

Quanto rompono questi disabili! Vogliono addirittura fare le vacanze e vivere e divertirsi e lavorare! Tutti questi diritti assurdi… Triste sarcasmo cinico contro un mondo che a volte ancora mi lascia senza parole e soprattutto mi scortica l’anima e mi toglie emozioni.PUBBLICITÀ

Ricevo di continuo mail di protesta: operatori in ferie e assistenza non garantita, badanti che chiedono cifre molto più alte perché tanto c’è il reddito di cittadinanza per tutti, personale che per lo stesso motivo chiede di lavorare in modo irregolare per non perdere disoccupazione o reddito di cittadinanza. Centri estivi inaccessibili agli alunni con disabilità. Lavoro precario perché con un figli/marito/congiunto con grave disabilità il rischio di assumere non se lo prende nessuno.

E poi il tema quello che fa cadere le braccia. Neanche il servizio basilare di un semplice ausilio per scendere in piscina. Neanche quello. Che la piscina sia comunale, privata, lussuosa o sportiva non conta. Tutti coesi e uniti del disservizio. E piovono mail come quella di Serena che desidera poter fare un semplice bagno in piscina.

Riporto la sua mail per unire la mia voce alla sua.

Mi chiamo Serena ho 47 anni e sono tetraplegica da circa 3 anni, il mio mondo è cambiato. Il modo stesso in cui affronto la vita ogni giorno è cambiato. Si presentano davanti a me tanti ostacoli: alcuni sormontabili ma altri purtroppo insormontabili. Mi piacerebbe poter andare in piscina visto che è estate… Abito nella zona di Roma Eur, zona in cui ci sono numerosi circoli sportivi con piscina e numerosi piscine comunali o private che offrono il servizio di balneazione. Ma? Non riesco purtroppo ad accedere a nessuna di esse poiché necessito di sollevatore per entrare in acqua.

Vorrei spiegare a tal proposito che il disabile tetraplegico a differenza del paraplegico non ha il controllo del busto, perché ha una lesione cervicale. Questo problema fa sì che chi è disabile necessita di un ulteriore aiuto per poter entrare in acqua. Un aiuto non fisico ma di un ausilio esistente che si chiama sollevatore, che ha il compito di far entrare ed uscire il disabile dalla piscina. In questo periodo si parla tanto di inclusione, di abbattimento delle barriere… Ritengo che sia assurdo che il comune o i singoli distretti non si adoperino per fornire o noleggiare direttamente questo ausilio. È veramente sconfortante dover chiamare e sentirti dire ogni volta che purtroppo questo ausilio non è disponibile… ed è rammaricante ancor più sentire che la maggior parte le strutture non ne conoscano neanche l’esistenza.

Penso di avere lo stesso diritto di qualsiasi altro essere umano di poter usufruire di una piscina, sia per divertimento e appagamento personale sia per fare uno sport acquatico che mi consenta di beneficiare dell’attività motoria. Vorrei che la mia voce arrivasse a chi ha il potere di cambiare le cose affinché si possa concretizzare l’abbattimento di questa barriera, utilizzando un qualcosa di già esistente nel mercato degli ausili.

Ecco. Io mi sento a disagio come cittadina del terzo millennio. Dare voce a un suono che impone ad una donna di dover spiegare differenze su necessità legate alla propria condizione. Dover ribadire e leggere che esiste chi non si è neanche posto il problema delle persone con disabilità. Vorrei capire cosa aspettiamo a fare dei controlli seri, a pretendere che ogni struttura sia accessibile a tutti.

Non stiamo chiedendo di sostenere costi altissimi perché questo tipo di ausili, specialmente nelle strutture comunali sono un costo dovuto come la rampa all’ufficio postale. Ma il disabile ancora può uscire meno e poco e possibilmente accontentarsi e non disturbare. Eh no… Io direi che è ora di finirla. Diamo il permesso a tutti di entrare e davvero contro la più evidente decenza, ma poi discriminiamo l’utente che peraltro ha necessità anche di ordine superiore di attività in acqua o all’aperto.

Ho scelto questa mail perché arriva da un quartiere pieno di servizi di una grande città. Dove questo genere di aberrazioni dovrebbe essere stato superato da qualche decennio. Comune di Roma che dici li mettiamo gli ausili in piscina? Magari insieme alle rampe per venire a votare. Grazie, Serena, per la tua testimonianza. Hai dato voce a tantissime persone. Ora non resta che sollecitare gli uffici preposti. Sperando che lo smart working e la connessione siano più efficienti dei servizi inefficienti e discriminanti che offrono.