Quante sono le persone disabili in Italia? Quali sono le tipologie di disabilità più diffuse? Quali le principali conseguenze sugli aspetti della vita come scuola, lavoro e vita sociale?
Sono domande a cui è complesso dare una risposta, innanzitutto perché la disabilità è un concetto elusivo, fluido, difficile da definire, che racchiude una serie eterogenea di diversità e capacità corporee, cognitive e sensoriali. Si tratta inoltre di un dato sensibile che va protetto in maniera più rigorosa di altri, così come l’origine etnica, le convinzioni religiose e politiche, l’adesione a partiti e la vita sessuale: non esiste un’anagrafe delle persone con disabilità.
Definire la disabilità
È necessario dunque innanzitutto riflettere sulla definizione di disabilità. Fino a pochi decenni fa, essa era considerata solo nel suo aspetto di limitazione insita nell’individuo e trattata esclusivamente come “problema” medico su cui intervenire individualmente.
Un paradigma applicato oggi quasi universalmente è invece il cosiddetto Modello Sociale della Disabilità, coniato negli anni ottanta in contrapposizione al tradizionale modello medico. A suo tempo fu rivoluzionario, ed è la base teorica delle definizioni più aggiornate e corrette di disabilità.
Secondo il Modello Sociale la disabilità è il risultato di un’interazione tra il livello di limitazione individuale fisica o sensoriale o cognitiva o mentale e il contesto di vita. La disabilità è dunque in gran parte una conseguenza di fattori sociali: se il contesto è poco accessibile o inclusivo, la disabilità aumenta.
In Italia, questa nuova definizione di disabilità è stata proposta con la classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità approvata nel 2001, dove la disabilità non è più concepita come riduzione delle capacità funzionali determinata da una diagnosi medica, bensì viene definita come “il termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni alla partecipazione. Esso indica gli aspetti negativi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo”.
Proprio facendo riferimento alla concettualizzazione dell’ICF, nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 (ratificata dall’Italia nel 2009) si afferma che:
le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.
Quante sono le persone disabili in Italia?
Quella della definizione non è una questione oziosa, perché anche la definizione di una categoria sociale influenza il suo ruolo all’interno della società. In ogni caso, il doveroso cambio di approccio in chiave sociale non ci lascia con una definizione netta di disabilità.
Tornando quindi alla domanda iniziale (quante sono le persone disabili in Italia?), poiché mancano una definizione univoca, criteri di rilevazione o strumenti di registrazione uniformi, la risposta non può essere certa.
Tuttavia, dopo anni in cui ci si limitava a produrre stime in modo discontinuo e disomogeneo, Istat sembra avere imboccato la strada verso la raccolta, elaborazione e diffusione di dati sulla disabilità in Italia in modo serio e, speriamo, continuativo e, per la prima volta, ha pubblicato a fine 2019 un rapporto dedicato alla disabilità in Italia in cifre.
Nel rapporto Istat, uniformandosi alle direttive impartite dal sistema delle statistiche europee, utilizza il quesito conosciuto come Global activity limitation indicator (Gali), che rileva le persone che riferiscono di avere limitazioni, a causa di problemi di salute, nello svolgimento di attività abituali e ordinarie. La stessa Istat ammette che si tratta di una modalità che non consente di avere un panorama adeguato, ma si tratta di un primo passo.
Secondo Istat sono 3,1 milioni le persone disabili in Italia, il 5,2% della popolazione italiana. A livello territoriale, percentuali più elevate di persone con disabilità si riscontrano in Umbria (8,7% della popolazione), Sardegna (7,3%) e Sicilia (6%). L’incidenza più bassa si registra in Veneto, Lombardia e Valle d’Aosta.