Una recente sentenza del Tribunale di Roma ha condannato una scuola per avere ridotto le ore di sostegno a un alunno con disabilità grave. Il numero di ore di sostegno settimanali per questo alunno era stato stabilito dalla scuola in 11, la metà di quelle prescritte dal Gruppo di Lavoro sull’Handicap.
Che cosa sono i GLHI e i GLHO
In ogni istituzione scolastica è previsto un GLHI, Gruppo di Lavoro per l’Handicap di Istituto. È un gruppo aperto a tutte le parti che hanno competenze su questo tema: scuola, genitori, ASL, Enti Locali e, possibilmente, anche rappresentanti della realtà associativa del territorio. Nelle scuole superiori è importante la presenza anche degli studenti, in tutte, quella del personale amministrativo, tecnico e ausiliario degli istituti.
La partecipazione al GLHI non deve essere limitata solo a coloro che sono direttamente coinvolti, dunque non solo insegnanti di sostegno, non solo genitori di alunni con disabilità, non solo alunni disabili. Ha il compito di collaborare con il Dirigente Scolastico per migliorare la qualità dell’integrazione formulando proposte di tipo organizzativo e educativo.
L’espressione GLHO, Gruppo di Lavoro sull’Handicap Operativo, è riferita invece a ogni singolo alunno e indica l’insieme dei soggetti chiamati a definire il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato, ossia tutti gli insegnanti, curricolari e di sostegno e gli operatori dell’Azienda Sanitaria, con la collaborazione dei genitori.
Che cos’è il Piano Educativo Individualizzato (PEI)?
Il PEI viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico ed è soggetto poi a verifica, dalla scuola e dai Servizi (Equipe Psico-Sociosanitaria) con la collaborazione della Famiglia. Contiene:
- finalità e obiettivi didattici e in particolare gli obiettivi educativi, di socializzazione, gli obiettivi di apprendimento riferiti alle diverse aree, perseguibili nell’anno anche in relazione alla programmazione di classe;
- gli itinerari di lavoro (le attività specifiche);
- i metodi, i materiali, i sussidi e le tecnologie con cui organizzare la proposta, compresa l’organizzazione delle risorse (orari e organizzazione delle attività);
- i criteri e i metodi di valutazione;
- le forme di integrazione tra scuola ed extra-scuola.
Il caso
Il GLHO aveva evidenziato, nell’elaborazione dei PEI di questo alunno con disabilità grave, che era necessario il massimo delle ore di sostegno settimanali (22). La scuola però era di altra opinione e le ore di sostegno sono state stabilite in 11. La madre dell’alunno aveva fatto immediatamente riscorso ed è stato emesso “un provvedimento d’urgenza, con cui è stato ordinato alle amministrazioni convenute di nominare per l’alunno un insegnante di sostegno in deroga, con rapporto 1/1 e per il massimo delle ore consentite, comunque in modo da coprire l’intero orario della didattica a distanza che era al momento vigente su tutto il territorio nazionale in ragione dell’emergenza pandemica”.
La scuola ha però ignorato questo provvedimento e pertanto il genitore dell’alunno ha chiesto un risarcimento visto che per l’intero anno scolastico è stato ignorato quanto stabilito dal GLHO.
Il tribunale nel ribadire la condotta discriminatoria della scuola ha sottolineato che “si rammenta che in presenza della lesione di un diritto fondamentale di rilevanza costituzionale, quale l’accesso all’istruzione, la maturazione di un danno esistenziale può ritenersi provata attraverso il ricorso ad un legittimo procedimento presuntivo, che nel caso di specie si fonda sulla prova da parte del danneggiato del fatto noto (costituito dalla condizione di disabilità dell’alunno e dall’assegnazione di un numero di ore di sostegno inferiori a quelle ritenute necessarie dal PEI), dal quale – secondo regole di comune esperienza- consegue il verificarsi di un danno che può definirsi dinamico relazionale, posto che la presenza dell’insegnante di sostegno è funzionale ad una partecipazione dell’alunno al contesto scolastico che sia piena ed effettiva, o comunque rapportata alla misura massima che le sue condizioni di salute consentono. Su tale base sorge l’onere dell’amministrazione di provare che nel caso concreto tali pregiudizi, certo di natura non irrisoria perché intimamente connessi alla inclusione della persona con disabilità, ed in ultimo alla sua dignità sociale, non si sono in concreto verificati. Di conseguenza la domanda risarcitoria deve essere accolta”.