L’esperienza filmica senza colore
Nella storia del cinema, le pellicole a colori e quelle in bianco e nero sono state usate per esprimere significati diversi. Oggi il colore ha assunto un ruolo tanto importante da essere protagonista anche quando è assente. Il gioco dei contrasti, la saturazione, la quantità e la qualità della luce divengono portanti nel racconto filmico e nella definizione del ritmo narrativo. Ma come si esprime questo racconto nell’esperienza di chi quei colori, quella luce, quei contrasti non riesce a percepire?
Nella storia del cinema, le pellicole a colori e quelle in bianco e nero sono state usate per esprimere significati diversi. Inizialmente il colore era riservato al genere fantastico o al musical, mentre il bianco e nero era considerato più adatto a rappresentare la realtà del quotidiano. Oggi la maggior parte dei film è a colori e si ricorre al bianco e nero per evocare un periodo storico, per sottolineare un tono espressivo della pellicola o di un suo momento, talvolta quasi soltanto per permettere al colore di irrompere nella scena segnando caratteri, appartenenze, tensioni. Il colore ha assunto ormai un ruolo tanto importante nella narrazione cinematografica da essere protagonista anche quando è assente. Spettri differenti vengono vissuti dallo spettatore come egualmente “realistici”, così ora è il gioco dei contrasti, la saturazione, la quantità e la qualità della luce, che divengono portanti, assieme al colore, nel racconto filmico e nella definizione del ritmo narrativo.
Ma come si esprime questo racconto nell’esperienza di chi quei colori, quella luce, quei contrasti non riesce a percepire appieno o per nulla? È ancora possibile per uno spettatore non vedente o ipovedente o acromata essere partecipe della rappresentazione filmica? È possibile recuperare parte delle informazioni perse o travisate dalle disabilità arricchendo la visione di altre stimolazioni e trasformandola in un’esperienza percettiva plurisensoriale?
E ancora, è possibile utilizzare gli strumenti della luce e del colore in modo da mantenere il loro ruolo simbolico e iconografico oltreché espressivo, in una costruzione narrativa ugualmente significativa tanto per i normovedenti che per i disabili della vista?
Questo libro nasce con l’intento di considerare la disabilità un punto di partenza per nuove riflessioni, per nuovi modi di intendere la comunicazione, la socialità e la formazione. Nasce con l’intento di sollevare interrogativi e di suscitare risposte ancora inesplorate.
Anna Poli, ricercatrice, insegna Cinema e arti visive e Nuove tecnologie visuali presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Laureata in Architettura, è dottore di ricerca in Bioingegneria, e si occupa di cultura tecnologica e dell’utilizzo delle tecnologie digitali in ambito formativo, in particolare sul ruolo della cinematografia come strumento didattico.