

La via alla Vita – La terra del Sognatore
Intervista allo scrittore Francesco Baldini
Come è nata l’idea di questo libro?
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L’idea è nata durante una notte di fine Ottobre duemilaventuno, quando feci un sogno strano, uno di quelli che ti lasciano il cuore in gola al risveglio. Mi appuntai quello che sognai e decisi di ricostruire ogni frammento di quel sogno, perché era troppo assurdo e misterioso. Nel mese di Novembre, in sole cinque notti, scrissi una sorta di sceneggiatura di quaranta pagine. Più scrivevo, più sentivo il desiderio di trasformare quella storia in una web serie amatoriale, con episodi brevi da caricare su YouTube. Così coinvolsi il mio gruppo di amici, coloro che erano apparsi in quel sogno, e, dopo aver letto la sceneggiatura, tutti si mostrarono entusiasti all’idea di provare a realizzare un progetto del genere. Purtroppo, per via degli impegni e delle disponibilità di ciascuno, il progetto si arenò e soltanto quest’anno ho deciso di riprenderlo e farlo diventare un romanzo. Ho imparato ad utilizzare Word e a pubblicare un mio libro didattico di musica con l’autopubblicazione su Amazon e altri store online. Quella storia, che allora non ha potuto
prendere vita, meritava un’altra occasione per essere raccontata.
C’è un episodio specifico che ha ispirato la trama o un personaggio?
La mia mente è profondamente influenzata dalle numerose serie TV e dai film che ho visto nel corso degli anni. Credo che ciò che ho vissuto in quel sogno, così come in molti altri che faccio tuttora, sia una sorta di omaggio inconscio a tutto ciò che ho amato, interiorizzato e trasformato in ispirazione creativa. Non a caso, il mio romanzo appartiene al genere fantascientifico, uno dei miei preferiti. I personaggi, invece, rappresentano versioni romanzate di me e dei miei amici nella vita reale, anche se ho introdotto alcuni
elementi narrativi per costruire una trama il più originale possibile.
Quanto c’è di autobiografico in questa storia?
L’obiettivo principale era in parte raccontare me stesso attraverso un altro mondo. Un mondo che avevo approfondito poco, quello della scrittura. La mia versione è stata costruita partendo dai miei pensieri più intimi, dal mio modo di osservare il mondo e dalle emozioni che spesso tendo a tenere dentro. Il suo carattere riflette il mio: introverso ma profondo, curioso, idealista, con la testa spesso tra le nuvole ma con i piedi ancorati a certivalori. Le sue riflessioni, i dialoghi interiori e persino alcune scelte nel corso della storia
sono ispirate a situazioni che ho realmente vissuto, a sensazioni provate o a temi su cui mi interrogo da anni. Anche la musica è una componente fondamentale: nel romanzo, come nella mia vita, è un rifugio, un mezzo espressivo potente e una chiave per comprendere meglio se stessi. Alcune frasi sono vere e proprie citazioni dei miei pensieri o esperienze personali, che ho scelto di far vivere al mio personaggio in modo più narrativo. Scrivere questa storia è stato un modo per guardarmi allo specchio, ma anche per prendere distanza e reinterpretare ciò che sono in una dimensione alternativa.
Qual è il messaggio principale che vorresti trasmettere al lettore?
Vorrei che chiunque legga questa storia si sentisse parte integrante dei protagonisti del romanzo, come se stesse vivendo con loro ogni scelta, ogni dubbio, ogni momento sospeso tra realtà e sogno. Mi piacerebbe che il lettore si chiedesse: “Cosa avrei fatto io al loro posto?”, specialmente nei momenti più intensi e imprevedibili della trama. Allo stesso tempo, desidero trasmettere il valore dell’introspezione, dell’amicizia e dell’empatia, tre elementi centrali, non solo nella storia ma anche nella mia visione del mondo. Se, leggendo, qualcuno si ritroverà col fiato sospeso, incuriosito fino all’ultima pagina, ma anche più consapevole di certe emozioni o pensieri che spesso diamo per scontati, allora saprò di aver raggiunto il mio obiettivo. Per me, scrivere questo romanzo è stato anche un modo per interrogarmi su ciò che siamo davvero quando ci troviamo di fronte a qualcosa
che non possiamo controllare.
Hai avuto un lettore “ideale” in mente mentre scrivevi?
Non avevo un lettore specifico in mente, ma scrivevo pensando a chi, come me, ama perdersi in storie che mescolano mistero, psicologia e fantasia. Pensavo a chi cerca qualcosa che vada oltre l’intrattenimento, a chi ama interrogarsi sul senso delle cose, sulle emozioni, sulla coscienza. A chi cerca storie in cui riconoscersi, ma che siano anche un’occasione per immaginare qualcosa di più grande. A chi ama quando la narrazione si intreccia con riflessioni profonde e legami emotivi tra i personaggi. In fondo, forse il mio
lettore ideale è qualcuno che non ha paura di guardarsi dentro e lasciarsi coinvolgere pagina dopo pagina.
Quanto tempo hai impiegato per scrivere il libro?
Avendo già una sceneggiatura di partenza scritta nel duemilaventuno e pensata inizialmente per una web serie, la stesura del romanzo ha richiesto circa cinque o sei mesi. In questo tempo ho lavorato sull’adattamento narrativo: ho modificato e arricchito dialoghi, aggiunto nuove scene, approfondito la caratterizzazione dei personaggi e curato la coerenza generale della trama. A questo si sono aggiunti il lavoro di revisione e correzione del testo, oltre a realizzare delle foto promozionali con il cast che, con grande disponibilità, mi ha supportato anche sul fronte del marketing. L’impaginazione e la
copertina sono state curate dal mio editor Simone Campitelli, che ringrazio profondamente
per il suo contributo e supporto in questa avventura.
Scrivi di getto o pianifichi tutto nei minimi dettagli?
Dipende molto dal momento e dall’ispirazione che mi colpisce. In genere, tendo a scrivere di getto le prime parti, in modo sintetico, come uno schizzo grezzo da cui poi partire per sviluppare e arricchire la storia. Mi piace che il primo flusso di parole sia naturale e senza troppe restrizioni, quasi come se stessi lasciando che la storia prenda vita da sola. Successivamente, mi dedico a pianificare con più attenzione, rivedendo e ampliando le idee, cercando di darle una forma più definita e coerente. In sostanza, il mio processo è un
mix tra spontaneità e struttura, un equilibrio tra il lasciarmi guidare dall’ispirazione e il mettere ordine per dar forma definitiva al racconto.
Quali sono i tuoi rituali creativi, se ne hai?
I miei rituali creativi sono piuttosto flessibili, non seguo una routine rigida, ma ci sono momenti e condizioni che mi aiutano a entrare nel giusto stato mentale per scrivere, che siano poesie, testi di canzoni o appunto, storie per romanzi. Di solito, cerco di creare un ambiente tranquillo, spesso accompagnato da musica rilassante o da film, che richiami l’atmosfera e mi permetta di immergermi più profondamente. Negli ultimi tempi, la notte è diventata il momento in cui la mia mente è più viva: guardare il cielo buio punteggiato di
stelle dal balcone di casa mia mi aiuta a concentrarmi e a riflettere. Tuttavia, a volte la scrittura mi viene spontanea anche di giorno, magari in un luogo che mi ispira, come il lago di Vico. Ho la fortuna di abitarci vicino e lì, osservando il paesaggio e ascoltando il silenzio dell’acqua, riesco a visualizzare scene e dialoghi. Un altro momento che stimola molto la mia immaginazione è durante le passeggiate, con la musica nelle orecchie, o quando viaggio in autobus guardando fuori dal finestrino: quei momenti sospesi tra il pensiero e l’osservazione mi aiutano a trovare nuove idee.
Che ruolo ha l’ispirazione nel tuo processo creativo?
L’ispirazione è il motore iniziale di tutto. È quella scintilla che accende l’immaginazione. Non sempre arriva con forza, ma quando succede, sento il bisogno quasi fisico di fermarmi e tradurre quel momento in parole o musica. Tuttavia, ho imparato che l’ispirazione da sola non basta. Va alimentata, rispettata e soprattutto seguita da costanza e dedizione. A volte scrivo anche quando non mi sento ispirato, perché è proprio nel lavorare con disciplina che riesco a dare forma concreta alle idee. Per me, quindi, l’ispirazione è la miccia, ma il fuoco lo alimentano l’impegno e la voglia di raccontare qualcosa che abbia un senso e che possa
arrivare agli altri.
Che consiglio daresti a chi vuole iniziare a scrivere?
Direi innanzitutto di non avere paura di iniziare. Non serve partire con un’idea perfetta o con un piano dettagliato: a volte basta anche solo una sensazione, un’immagine o un dialogo che ci risuona dentro. Scrivere è un atto profondamente personale e ognuno ha il proprio modo di farlo. L’importante è non giudicarsi troppo durante il processo: lascia fluire le parole, anche se sembrano confuse o imperfette. C’è sempre tempo per correggere, rileggere e sistemare, ma se non cominci, quelle storie resteranno bloccate dentro di te. Un altro consiglio fondamentale è leggere tanto. Ogni libro, ogni autore, anche molto diverso
da te, ti insegna qualcosa. E infine: scrivi per te stesso, prima di tutto. Se quello che hai scritto emoziona te, allora c’è una buona probabilità che tocchi anche il cuore di qualcun altro.
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