Buongiorno a tutti, stamattina ho il piacere di presentarvi Federico Feliziani ,un attore professionista della compagnia il Teatro di Camelot, che ringrazio per avermi concesso questa intervista. Quando ho
ricevuto il loro progetto teatrale sono rimasta piacevolmente colpita. Federico ha 31 anni vive a Sasso Marconi nella provincia di Bologna.
Che disabilità ha?
Bella domanda. Vi risparmio la definizione medica che non ricordo neanch’io. La mia disabilità ha origini da una sofferenza neonatale ed è composta da diverse caratteristiche: una difficoltà motoria che mi limita nello spostamento, una difficoltà nella comunicazione verbale, e un limite visivo dovuto all’albinismo.
Cosa fa nella vita?
Ho l’immensa fortuna di vestire diversi panni: quello di blogger, di scrittore, di autore e di comunicatore. Le mie giornate sono assorbite piacevolmente da questi ruoli ai quali si aggiunge quello di attore che ho ripreso da poco dopo un momento di pausa per dedicarmi a un’altra bellissima avventura come amministratore pubblico.
Come e quando si è avvicinato al teatro?
Era il 2005 quando l’associazione territoriale di cui faccio parte (allora ne facevo parte tramite i miei genitori) propose un corso di teatro proprio con il Teatro di Camelot. Feci il primo corso dopo il quale la compagnia mi mise fra gli attori stabili che a quel tempo contribuivano all’attività artistica. Fu così che iniziai a partecipare
a diversi spettacoli in giro per l’Emilia-Romagna.
Cosa prova quando recita?
Credo quello che prova chi ama stare sul palco: un’energia particolarissima data dal pubblico, dai riflettori, dai microfoni, dal retropalco. È un’affermazione di sé stessi che ti valorizza sia come artista che come persona. Avendo fortunatamente sperimentato diversi incontri con il pubblico, dallo spettacolo teatrale alla
presentazione di un libro, posso dire che in teatro c’è un’atmosfera unica, diversa
dalle altre situazioni.
“Uno spettacolo che fa riflettere”: su cosa secondo lei le persone hanno bisogno di riflettere per guardare oltre la disabilità?
Lo spettacolo tratta proprio la base della convivenza e per convivere è necessario capire come siamo tutti diversamente uguali o ugualmente diversi. Che poi è quello che sapevano bene i nostri padri costituenti che si sono trovati in un emiciclo dopo un regime di una parte e dopo un conflitto mondiale sanguinoso. Credo che se ritrovassimo quello spirito di rispetto reciproco ne guadagneremmo tutti in qualità
della vita.
A volte la disartria può mettere in difficoltà chi ne è affetto perché non sempre si trovano persone disposte ad ascoltare e a capire questo linguaggio particolare. A lei succede? Come supera questi momenti, soprattutto quando recita?
Sono due situazioni secondo me diverse. In teatro devi fare tutto il possibile perché questo linguaggio possa essere letto dal pubblico altrimenti ne va della performance complessiva. Se io facessi un monologo credo che vedrei in platea un sacco di volti azzurri colorati dai riflessi della luce degli smartphone perché dopo dieci secondi il pubblico non mi riuscirebbe più a seguire. Se invece inserisco un’interazione con un
altro personaggio che, rimanendo personaggio, facilita la comprensione del mio linguaggio ecco che allora cambia. Quindi in teatro la responsabilità è mia e del mio ego che deve scendere a compromessi con quello che la mia performance può dare.
Nella vita invece credo molto nella trasparenza: so che quando incontro per la prima volta una persona, quella persona non capirà quasi niente di quello che dico. Ecco che allora dobbiamo fare entrambi uno sforzo: io nel comprender le difficoltà interpretative del mio linguaggio, e l’altra persona nel non perdere la pazienza. Con il tempo la difficoltà si abbatte del tutto.
Nel mio blog www.disabilmente.it parlo di disabilità e della tetraparesi spastica in particolare: pensa che sia un progetto utile per chi ne è affetto o per chi ne vuole sapere di più? Mi piacerebbe conoscere il suo parere
Ogni occasione di scambio secondo me è utile: una suggestione, una strategia può
cambiare la vita tenendo sempre conto che una disabilità, per quanto modificabile,
non è mai uguale da persona a persona. Sta poi ad ognuno prendere gli spunti che
possono essere utili nel caso specifico.